All'apparenza sembra un semplice file in formato PDF, ma in realtà è un pericoloso virus in grado di mettere ko i vostri dispositivi elettronici. Nonostante siano passati ormai diversi mesi dalla sua comparsa, il rischio del file denominato CoronaVirusSafetyMeasures.pdf resta costante.
Il nome del file potrebbe far pensare che si tratti di un semplice documento in PDF, scritto in lingua inglese, con una serie di linee-guida per proteggersi ed evitare il contagio. Per questo motivo, molti utenti, ignari, potrebbero aprirlo. È un'azione assolutamente da evitare, dal momento che il vero formato di questo file eseguibile è .EXE: si tratta di un'applicazione che, una volta aperta, potrebbe arrecare danni al sistema operativo o rubare dati sensibili all'utente.
La prima volta in cui l'allarme era stato lanciato risale all'inizio dello scorso marzo. I primi a lanciare l'allarme furono i dirigenti di Confcommercio, poi a certificare la pericolosità di quell'applicazione, un chiaro esempio di truffa noto come phishing, era intervenuto anche il Ministero dell'Interno. Nonostante gli appelli, nel corso dei mesi quel virus informatico ha continuato a circolare, specialmente nelle caselle di posta elettronica e nelle chat di WhatsApp.
Anche il portale di debunking e fact-checking Facta, nello scorso ottobre, aveva ribadito l'autenticità della minaccia. Quel file, diffuso da hacker senza scrupoli, continua a infestare il web e, grazie all'universalità e all'autorevolezza della lingua inglese, costituisce ancora un rischio per i sistemi operativi degli utenti in ogni parte del mondo.
Il nome del file potrebbe far pensare che si tratti di un semplice documento in PDF, scritto in lingua inglese, con una serie di linee-guida per proteggersi ed evitare il contagio. Per questo motivo, molti utenti, ignari, potrebbero aprirlo. È un'azione assolutamente da evitare, dal momento che il vero formato di questo file eseguibile è .EXE: si tratta di un'applicazione che, una volta aperta, potrebbe arrecare danni al sistema operativo o rubare dati sensibili all'utente.
La prima volta in cui l'allarme era stato lanciato risale all'inizio dello scorso marzo. I primi a lanciare l'allarme furono i dirigenti di Confcommercio, poi a certificare la pericolosità di quell'applicazione, un chiaro esempio di truffa noto come phishing, era intervenuto anche il Ministero dell'Interno. Nonostante gli appelli, nel corso dei mesi quel virus informatico ha continuato a circolare, specialmente nelle caselle di posta elettronica e nelle chat di WhatsApp.
Anche il portale di debunking e fact-checking Facta, nello scorso ottobre, aveva ribadito l'autenticità della minaccia. Quel file, diffuso da hacker senza scrupoli, continua a infestare il web e, grazie all'universalità e all'autorevolezza della lingua inglese, costituisce ancora un rischio per i sistemi operativi degli utenti in ogni parte del mondo.